mercoledì 25 marzo 2009

Una casa per tutti









E se poi potranno “partecipare” al piano di sviluppo edilizio, quello che dovrebbe avviare la ripresa economica del Bel Paese, solo i proprietari di case mono e bifamiliari, cioè di ville e villette, allora non possiamo che rilanciare: una casa per tutti!
Come ha detto il Presidente degli Stati Uniti in una intervista, le leggi devono essere applicabili a tutti i cittadini. Chi la casa non ce l’ha è stato già escluso dai benefici dell’abolizione dell’Ici, che pure è stata motivata dal Governo con l’idea che la casa è un diritto.
Adesso, se l’ampliamento delle case nei palazzi crea troppi problemi, si demanderebbe l’incremento edilizio ai ricchi e ricconi proprietari di villette a schiera e villone, che già infestano le nostre campagne e che non sembra, a guardarsi in giro, che abbiano mai smesso di essere costruite ed ampliate. I cittadini che non hanno casa, magari, dovrebbero pure ringraziarli perché risollevano le sorti economiche del Paese.

mercoledì 11 marzo 2009

Il fantasma della libertà



In un articolo di Ralph Dahrendorf, comparso circa una settimana fa, sui pericoli per le democrazie in tempo di crisi, si osservava, tra le altre cose, come i cittadini della classe media, ma ormai la classe media si è enormemente dilatata e quindi più in generale i cittadini che vedono in pericolo il loro reddito, divengano disponibili a cedere sul piano delle libertà che loro spettano per una maggiore sicurezza sia sociale ma soprattutto economica.
Il caso del nostro Paese in questi giorni in cui il governo si prepara a varare nuove disposizioni su diversi fronti, l’edilizia, le infrastrutture, i regolamenti di voto in Parlamento, e perfino la caccia, val la pena di essere esaminato dal punto di vista di Dahrendorf.
Prima però vorrei fare qualche osservazione sulla crisi economica mondiale che attualmente ci grava sulla testa. Questa crisi è stata provocata dalla speculazione finanziaria. Infatti essa non è contemplata dalla disamina di Dahrendorf, che invece si “attarda” a spiegare le difficoltà cui vanno fisiologicamente incontro – cioè sono state previste e già studiate da economisti, sociologi e intellettuali in genere - le società capitalistiche avanzate, e che riguardano, in sostanza, il mantenimento, dopo un certo grado del loro raggiungimento, di alcuni parametri fondamentali, quali il welfare, cioè il grado di benessere, il livello di occupazione etc etc. Già nel mondo tratteggiato da Dahrendorf, nonostante i correttivi da lui indicati, s’intuisce che il capitalismo moderno non è affatto il migliore dei mondi possibili, e viene il dubbio che esso non abbia via d’uscita: quando la polarità tra ricchi e poveri s’attenua il sistema va in crisi, la crescita si arresta e alla fine l’unica soluzione, interna, cioè da parte del sistema, sarà proprio quella di ridistribuire le ricchezze in modo che i ricchi tornino molto più ricchi e i poveri molto più poveri, così che il trend positivo possa ricominciare. La crisi finanziaria attuale rappresenta un lato ancora più oscuro di questo mondo imperfetto e contribuisce a produrre, anzi accelera, lo stesso risultato finale: la "ridistribuzione della ricchezza" con alcuni ricchi che diventeranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Questo senza che terremoti, cataclismi, guerre o pestilenze siano intervenuti a cambiare nella realtà lo stato dei beni primari, da cui procede la nostra sussistenza. A ben pensarci, si tratta di crisi virtuali.
Sono meccanismi più grandi di noi. Ma se anche dovessimo tornare “con le pezze al culo” potremmo ancora tenere alla dignità e alla libertà. Potremmo almeno stare attenti a non venderci l’anima. E a quale prezzo poi? Per trasformare il balcone in una stanza in più? Per imbalsamare qualche povero animale?

domenica 8 marzo 2009

Giovanna d'Arco


Ingres, Giovanna d'Arco all'incoronazione di Carlo VII, Louvre.


Facendo zapping, seduta sul divano in un pomeriggio domenicale, mi sono trovata a tu per tu con Giovanna D’Arco, attraverso il film di Christian Duguay. Scettica all’inizio verso questo programma per la televisione, ho finito per calarmi in pieno nella sua rapida, fulminante epopea, consumatasi pressappoco in due anni, finita sul rogo quando ne aveva appena diciannove.
Nasce in un villaggio, Domrémy, una contadina. Molto probabilmente analfabeta, ma educata religiosamente dalla madre. All’età di tredici anni comincia ad avere le sue visioni. Siamo al culmine della guerra dei Cent’anni. La Francia è profondamente divisa tra gl’invasori inglesi, la corte borgognona e il delfinato di Carlo VII. Giovanna cresce in un territorio dove le diverse influenze si fanno sentire e la popolazione è continuamente esposta ai soprusi delle truppe mercenarie di passaggio. Può una ragazzina contadina, la cui unica educazione è stata quella religiosa familiare, maturare un così alto pensiero nazionale, civile, patriottico e nello stesso tempo religioso, essere così grandemente ispirata e saper trovare la forza di guidare sapientemente un esercito? Giovanna lo ha fatto. E’ dunque per me un grandissimo esempio della forza che può provenire anche dalla gente comune, dal popolo.

Giorgio Spini, nella sua Storia dell’età moderna, che comincia praticamente un secolo dopo la vicenda di Giovanna, la ricorda affermando che lo spirito della Francia moderna è nato dalle sue visioni, oltreché dalla ragione giuridica dei legisti della monarchia. Come dire, secondo Spini, dalle componenti dello spirito romano, ordinatore, costruttivo e stoico, e dello spirito gallico, che ritroviamo in Giovanna, con: - la sua implacabile logica consequenziaria, il suo impeto ignaro di compromessi e di paura, le sue visioni che sfidano ogni scetticismo. -.

Nel suo Autunno del Medioevo Johan Huizinga si occupa dei due secoli che precedono il Rinascimento, particolarmente nell’ambiente borgognone, e comprende la parabola di Giovanna, ricordandola con diverse citazioni, ma più che altro per esemplificare quegli aspetti sociali e di costume che caratterizzano la sua particolare angolazione storica. Ad esempio, Huizinga ci dice che nel 1432 erano ancora molto in voga delle liste dei maggiori eroi cavallereschi, come il gruppo dei nove eroi, di cui era stata compilata anche una versione al femminile, e che questi eroi si volevano portare a dieci e, in campo femminile, il nome d’aggiungere avrebbe dovuto essere quello di Giovanna, ma non se ne fece nulla. Dice Huizinga: - Un gruppo eterogeneo di generali, che aveva combattuto accanto o contro Giovanna, occupa nell’immaginario dei contemporanei un posto molto più elevato che non la contadinella di Domrémy. Molti parlano di lei senza commozione o venerazione, più che altro come di una curiosità. -. Ma questo non ci stupisce perché il mondo che Huizinga ci descrive sta scomparendo, imputridisce, mentre con Giovanna è una Francia nuova, come rileva Spini, che avanza!

Le visioni di Giovanna erano visioni di santi: san Michele arcangelo che in Francia aveva il suo santuario a Mont San Michel, da opporre a san Giorgio protettore degl’inglesi, Santa Caterina d’Alessandria, e Santa Margherita d’Antiochia. Sappiamo come gli arcangeli, angeli guerrieri, furono particolarmente venerati dai popoli barbari che si convertivano al cristianesimo, e le due sante erano tra le più grandi per le più antiche comunità cristiane e fino al tardo medioevo. Era la madre a raccontarle le loro storie edificanti.Queste figure femminili possono aver suggerito a Giovanna di poter confidare in se stessa in un mondo di uomini.
In proposito Huizinga osserva che, mentre il culto delle loro reliquie era in quel periodo all’apice, i santi comparivano relativamente poco nella sfera delle esperienze sopranaturali. Proprio in ciò Giovanna è, non a caso, un’eccezione. Secondo Huizinga, dagli atti del processo risulterebbe che la stessa Giovanna proprio durante gl’interrogatori si sia chiarita chi erano i santi che le apparivano per darle consigli: dapprima ella parla solo del suo Conseil senza dargli un nome; soltanto in un secondo tempo lo indica con le note figure dei santi.
Ma ciò accade perchè le sue visioni sono una sintesi potente che avviene nell’animo della ragazza e perciò rifuggono in lei dall’essere analizzate. Sintesi dai racconti materni, la storia religiosa tramandata, è questa la sua cultura, sintesi del sentimento della patria da liberare e riunificare, della sofferenza del popolo, è questa la sua esperienza, sentiti così fortemente da poter aspirare a diventarne lei stessa strumento d'attuazione. In un mondo ancora medievale dove tutto è creato e sottoposto al controllo diretto di Dio, sentimento religioso e sentimento patriottico e civile giungono con Giovanna ad una sintesi nuova.


Seduta sul divano davanti alla televisione la vedo cavalcare verso Orleans, preoccuparsi di rifornire di viveri gli abitanti della città assediata; chiedere, informarsi e trovare le mosse giuste per liberare la città; ferita, farsi estrarre una freccia e rimontare a cavallo, guidare e spronare i compagni.
Non sto bene, sono nei giorni un po’ più pesanti della terapia che sto seguendo, e m’incanto a guardare Giovanna. Penso alle nostre fragilità di donne anche quando stiamo bene e alla grande forza che deve averla animata: il suo essere grandemente ispirata trascinava il suo corpo.

Giovanna è santa. Il suo spirito religioso è genuino e la sua vita si è conclusa col martirio, solo che a sottoporvela fu proprio la chiesa istituzionalizzata. Anche se la sede di Roma non fu interpellata e vent’anni dopo le rifece il processo riabilitandola e proclamandola martire della fede, essa aveva dotato di così terribili strumenti i suoi vescovi!

L’abiura fu un momento di debolezza che però le precluse ogni via d’uscita. Ma Giovanna non volle tradire se stessa, la sua fede, la sua missione, tutto ciò in cui aveva fortemente creduto. Bisogna esporsi come insegna il Cristo esposto in Croce: Giovanna giunge a questa consapevolezza e, sul rogo acceso, vuole che le si ponga davanti una croce.

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