mercoledì 24 febbraio 2010

Capire l'Italia, a L'Aquila

Piccola Dorrit dal Gran Sasso

Fu nel periodo protostorico, dalla fine del XIII alla prima metà dell’VIII secolo a.C., che le varie popolazioni presenti sulla Penisola, alcune autoctone, la maggior parte di ceppo indoeuropeo, quali Umbri, Latini, Sabini, Volsci, Equi, Sanniti etc, si vennero stabilizzando passando ad un’economia basata sull’agricoltura piuttosto che sulla pastorizia. La geografia, come abbiamo visto, fece sì che dentro lo stivale ognuno avesse la sua nicchia isolata. Si costruirono villaggi di capanne ed iniziò così il cammino verso l’urbanizzazione, contrassegnato dalla produzione delle ceramiche ed oggetti in bronzo.
Tra queste genti italiche i Piceni occuparono le Marche e l’Abruzzo settentrionale. Certamente i Piceni furono organizzati militarmente: essi ebbero una parte importante nelle guerre puniche, pur umiliati dai cartaginesi dopo la battaglia del Trasimeno, combatterono con i romani a Canne; lottarono contro Roma nella Lega italica per ottenere la cittadinanza romana. Ma molto prima che questi fatti accadessero i Piceni ci consegnarono, nel VI secolo, una delle maggiori espressioni dell’arte delle genti italiche qual è la statua del guerriero che proviene da Capestrano, vicino L’Aquila.


Il guerriero è più che a grandezza naturale, è monumentale, probabile statua funeraria. Siccome due sostegni di marmo lo puntellano sotto le ascelle esso rappresenta il defunto tenuto in piedi perché ancora faccia vanto di sé ed intimorisca. In questo restare in piedi c’è una sfida alla morte e alla corruzione, la ricerca di una conferma della dignità umana. Sono valori entrati a far parte della cultura e della civiltà romana, alle radici di quell’umanesimo che, anche se più volte tradito, ancora ci appartiene.


Oggi la gente dell’Aquila si trova in un momento difficile. Colpita dal terremoto, il suo centro storico è ancora coperto di macerie. Forse non si è capito cosa vuol dire il centro storico per un’antica città. E’ la civiltà e la vita civile cittadina, la memoria, l’identità e la dignità. E' il guerriero che resta in piedi per sempre perché non sia dimenticato.
E infatti abbiamo visto gli aquilani aprire le transenne, invadere in processione il loro centro sottratto, appendere le chiavi delle loro case. Così sappiamo che di fronte alle ruberie e allo speculare sulle disgrazie, al delinearsi di un sistema di potere, c’è un popolo forte e fiero della sua storia e della sua tradizione, che ama la sua città ed è motivo di speranza.












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martedì 23 febbraio 2010

Capire l'Italia


Piccola Dorrit dal Gran Sasso

Capire l’Italia. E come potremmo senza la geografia, senza guardare la carta della nostra penisola. In particolare in una versione che la disegna dall’Europa all’Africa, cogliendola così nel suo protendersi nel Mediterraneo.
E la storia della sua formazione geologica rafforza l’immagine. Una grande collisione tra Europa e Africa all’incirca all’inizio del Cretaceo superiore, dai cento ai cinquanta milioni d’anni fa, ha prodotto nel tempo la formazione delle catene montuose che fanno l’ossatura dell’Italia, le Alpi e gli Appennini, le prime grosso modo la componente europea, i secondi quella africana. Le rocce del fondo oceanico, compresse, accavallate e sollevate a seguito del’urto, emersero in tempi diversi. Cominciarono gli isolotti che avrebbero formato l’Appennino meridionale, poi le Alpi mentre fu più a lungo sommersa quella che diventerà la pianura padana. Le cose furono molto complicate perché inizialmente gli Appennini si formarono tra le Alpi e la Spagna meridionale. Ci fu una rotazione che diede loro la posizione attuale e si formò il mar Tirreno, alla fine del Cretaceo, circa cinque milioni di anni fa, Urto di continenti, sollevazione del fondo marino, rotazioni e formazioni di mari stanno dunque all’origine della nostra terra eccezionale, veramente trait d'union tra Nord e Sud, tra Europa e Africa nel Mediterraneo. Quale del resto appare inequivocabilmente a guardare la carta.

Dalla catena delle Alpi che ci protegge dai venti freddi del Nord, e pure ha protetto i nostri confini perché difficile da attraversare; dalle valli alpine alla grande pianura del Po, il fiume che raccoglie con i suoi affluenti le acque che discendono da quelle montagne, che l’hanno così accresciuta con i loro detriti, scendendo giù fino alla Sicilia passando per la montuosità continua dello stivale dove l’Appennino intanto la divide in due tra est e ovest: queste montagne e con esse le loro valli, i fiumi, i passi e le cime, sono i luoghi primari e i motivi per cui le antiche genti italiche hanno potuto insediarsi e restare separate mantenendo le proprie identità - più o meno riportabili alle regioni attuali - trovare di che prosperare ma anche comunicare; in essi sta la ragione primaria della diversità italiana, del suo essere tanti popoli e uno solo.
Così già la geografia ci spiega il “destino” dell’Italia: la sua conformazione ci fornisce la prima comprensione della sua storia interna, cioè della dinamica delle sue popolazioni originarie e delle culture e civiltà che queste hanno saputo sviluppare, distinte e pure interagenti tra loro; la posizione nel Mediterraneo ci dà conto degli influssi esterni fondamentali degli altri popoli mediterranei, imprescindibili per comprendere l’importanza e la grandezza della storia umana che la nostra terra ha saputo interpretare da protagonista e dal Mediterraneo volgerne i valori all’Europa.

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giovedì 11 febbraio 2010

L'evoluzione della Protezione civile

Due articoli, di Sergio Romano come editoriale sul Corriere e di Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, sostanzialmente, di là del tono e della disposizione personale molto diversi, concordano nell’analisi della svolta politica rappresentata nel governo Berlusconi dall’ampliamento delle competenze della cosiddetta Protezione civile. Ne avevamo sentito parlare nei giorni precedenti, che Bertolaso doveva diventare ministro, ma di che ci domandavamo, promozione che il premier andava preparando ricoprendolo di elogi.
La Protezione civile, allargata a dismisura nelle sue competenze, dovrebbe diventare il braccio operativo del capo del governo saltando tutti gli “impedimenti” burocratici e non, che da sempre a suo dire gl’impediscono di governare. Dice Sergio Romano:
"Il metodo presenta almeno due inconvenienti. Si perde di vista, in questo modo, il disegno organico che dovrebbe ispirare la riforma dello Stato. E si aprono zone grigie in cui il pericolo dell’illegalità diventa maggiore."

Dice Giuseppe D’Avanzo:
"Bertolaso interpreta il paradigma della "militarizzazione della decisione politica" che il premier immagina debba essere lo strumento d'uso quotidiano del governo, il dispositivo che consente di sospendere le norme, di trasformare il diritto in una decisione che va liberata dal perimetro in cui la costringe la legge. La Protezione civile di Guido Bertolaso ha rappresentato e rappresenta appunto questo: il sostanziale svuotamento della partecipazione politica a vantaggio della verticalizzazione della decisione politica."

La deregolamentazione in economia, deregulation, così come l’esaltazione a senso unico del libero mercato, quale migliore dei mondi possibili, hanno fortemente contribuito alla grave crisi economica attuale, avendo lasciando, riducendo i controlli, mano libera alle attività illegali e criminali; in politica essa uccide la politica stessa e la democrazia che si fonda sul rispetto delle regole e dei procedimenti di controllo che sono stati apposta preposti alla tutela dei cittadini e della legalità.

sabato 6 febbraio 2010

La libertà delle donne

Un altro romanzo, dopo i tre pubblicati a formare la trilogia del Millennium, e forse un quarto lasciato inedito, si va componendo questa volta nelle pagine di cronaca, ma sempre nei medesimi luoghi di Stoccolma. Hanno cominciato i suoi colleghi giornalisti a dire che Stieg Larsson non sapeva scrivere, che i suoi articoli andavano riveduti e corretti e a buttare là l’ipotesi che il Millennium sia per lo meno una fatica a quattro mani, le altre due essendo quelle della sua compagna Eva Gabrielsson. Il caso però è reso più complicato da un rilevante aspetto economico sociale: Stieg è scomparso improvvisamente prima del successo di pubblico della trilogia e siccome non era sposato, pur dopo una convivenza di oltre trent’anni con Eva per la legge svedese – in questo uguale come da noi - ad ereditare, compresi i diritti sull’opera, sono stati soltanto il padre e il fratello. Ci sono gli avvocati delle due parti che stanno lavorando ad un accordo di compromesso.Non ho ancora letto Uomini che odiano le donne e i due romanzi successivi ma l’ulteriore vicenda umana raccontata dai giornali mi ha fatto pensare a Film blu di Kieslowski.
Anche il regista polacco ha composto una trilogia che, ispirata ai valori dichiarati dalla rivoluzione francese, richiama nei titoli il tricolore: il blu per la libertà, il bianco per l’uguaglianza e il rosso per la fratellanza. In Film blu, dunque dedicato alla libertà, la storia esemplare è quella di una donna che avendo perso in un incidente, che l’ha vista unica superstite, il marito e la figlia, non riesce inizialmente a reagire e a tornare alla vita.
Eva Gabrielsson racconta in un’intervista che alla morte improvvisa del compagno - non hanno avuto figli – ha attraversato uno stato di grande abbattimento: non riuscivo a mangiare e, per dormire almeno qualche ora, mi sdraiavo per terra. Come un animale. Gli amici non se la sentivano di lasciarmi mai sola. Ci sono voluti 12 mesi per riprendermi.
Di Julie/Juliette Binoche andiamo lentamente scoprendo nel film che dietro il marito, affermato compositore, c’era in realtà la sua creatività. Così una parte di lei le era sembrato andarsene con lui, e ciò può essere all’origine del suo annientamento profondo. Il suo percorso di rinascita passa perciò attraverso il palesare e far accettare prima di tutto a se stessa e quindi al mondo questa verità nascosta; passa in ultima analisi attraverso la conquista della libertà, di disporre in prima persona del proprio valore!
La compagna di Stieg Larsson ammette di averlo aiutato in diversi modi, ma nega che non sia lui l’autore dei romanzi. E’ architetto e dice in particolare: Il mio apporto maggiore è stato dargli il mio studio sullo sviluppo urbanistico di Stoccolma (mi aveva impegnata per più di un anno). “Posso averlo per il mio libro?”. “Certo, è finito”: così Stieg l’ha incorporato in varie parti della trilogia. Ho collaborato anche ad altre ricerche sulla politica, sui gruppi neonazisti, però il grosso delle informazioni l’avevamo raccolto durante tutta la vita.
Ho chiesto ad un’amica che ha letto la trilogia, e tempo fa me l’aveva consigliata, cosa ne pensasse: Si sente una mano femminile? Mi ha risposto di sì, che l’argomento della violenza sulle donne che infine trova la giusta vendetta le sembra sia proprio dalla parte delle donne. E’ proprio con questa motivazione che la Gabrielsson ha ricevuto l’anno scorso a Madrid un premio a Stieg Larsson, assegnatogli dal Consiglio superiore del potere giudiziario, il Csm spagnolo, per il suo importante impegno contro la violenza verso le donne.
Quanto Eva ha in realtà collaborato alla trilogia ed è oggi doppiamente beffata dalla legge che le nega ogni diritto sull’opera? Ancora una volta sono le donne a subire maggiormente le conseguenze negative delle convivenze di fatto.
Ci sono state molte donne nella storia del mondo che sono state personalità creatrici che però hanno dovuto restare dietro agli uomini, consigliere e collaboratrici nell’ombra, perchè la società, i costumi e la morale ne hanno limitato la libertà d’espressione.

mercoledì 3 febbraio 2010

Il piacere del ricordare

Il tempo passa e scorre in un’unica direzione ma l’avvicendarsi delle stagioni e il nostro modo di misurarlo in giorni, settimane, mesi ed anni, basandoci sul movimento dei corpi celesti, introduce una ciclicità, un ritornare, che facilita il nostro ricordare, ad esempio cosa facevamo l’altra settimana a quest’ora, oppure le abitudini del lunedì, o al cambio di stagione: ti ricordi di quell’estate che? Essendo la ciclicità insita nella natura in qualche modo ciò vuol dire che siamo, già per il fatto di stare sul pianeta terra che gira intorno al sole, predisposti a ricordare. La ciclicità degli eventi naturali può aver favorito dal punto di vista biologico lo sviluppo dell’individuo e della coscienza per la quale la memoria è fondamentale. La ciclicità della natura ci ha pure aiutato ad imparare perché non apprendiamo una lezione se prima non facciamo lo sforzo di ripeterla.
Di tutte le stagioni l’inverno è la più propensa al ricordare. Nelle lunghe giornate fredde, nei momenti di noia o di solitudine a volte troviamo un aiuto insperato nel ricordare, un’onda avvolgente proveniente dai mari lontani della nostra vita. Sfugge alla nostra analisi perché proprio quei ricordi e non altri, ma è certo che sono giusti per darci piacere, dilatare lo spazio angusto del momento presente.
Invece secondo Manzoni l’onda dei ricordi che s’abbatteva sul capo di Napoleone, sconfitto per sempre e solo a S. Elena, era un’onda disgraziata, uno strazio il ripensare le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo dei manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. Chissà se veramente l’ex imperatore si torturava così, riandando alle glorie perdute o se invece non era una consolazione per il soldato ripensarsi nei giorni belli, magari soccorso anche da ricordi di cose più semplici e d’intimità familiare.
Così Giosuè Carducci nel suo Sogno d’estate, immerso nella lettura delle battaglie omeriche lasciandosi vincere dal sonno trovava il modo, in un sogno molto vicino al ricordo, di opporre al clamore delle armi la visione, con la pietà che gli muovevano, di affetti familiari.

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