martedì 31 maggio 2011

Quando il populismo è un vicolo cieco.

In fondo siamo una società complessa, restiamo nel novero delle principali potenze industrializzate, e allora il trito populismo da cui Berlusconi non è più uscito, e di cui l’alleata, pure da molti intellettuali molto stimata, la Lega, è sempre stata altrettanto convinta dispensatrice, è stato in realtà una delle cause principali della sconfitta. Il grande potere mediatico non ha fatto altro che amplificare l’errore e lavorare alla disfatta.

giovedì 26 maggio 2011

Perchè la svolta politica comincia a Milano

Di fronte alla demagogia spinta con cui Berlusconi e i rappresentanti della Lega comunicano con i loro elettori si può provare un sentimento di grave sconforto, per il rimpallare dagli uni agli altri, e viceversa, delle stesse trite parole, in particolare “federalismo, federalismo” per i leghisti, senza che il discorso s’apra e s’articoli. Questo popolo è stato allevato senza strumenti critici e allora il flusso comunicativo è solo un rimasticare tra eletti ed elettori degli stessi slogan di un vocabolario minimo.

Di fronte a questo circolo vizioso, dove aspettarsi segni di risveglio e ribellione al discorso politico sempre più basso e reiterato su alcuni vocaboli, da sfiorare in realtà l’afasia, se non in chi qualche strumento critico ancora ce l’ha, in particolare la borghesia milanese, di quella Milano che pretende di essere tra le maggiori città del mondo? Una delle capitali dello stile come pensa di poter essere rappresentata anche “solo” nello stile dai politici che si sceglie?

mercoledì 18 maggio 2011

Capire l’Italia, l’Europa e l’Islam: il flusso migratorio dal Nord Africa.

La questione dei flussi migratori dal Nord Africa è diventata sempre più di primo piano per l’Italia e per l’Europa. Banco di prova dei valori comuni, del grado di coesione ma anche d’apertura, infine del grado di civiltà.

Fino a ieri l’Islam e l’Occidente sono stati contrapposti. Quando Carlo Martello ne fermò l’avanzata a Poitiers l’Europa cristiana potè crescere e svilupparsi attraverso l’eredità raccolta da Roma, l’amministrazione e le leggi in particolare, e il nuovo incubatoio costituito dal feudalesimo ma il Mediterraneo rimase diviso.
In realtà come sempre le divisioni non furono proprio così drastiche. Con una sorta di feed back la civiltà araba assorbì e riconsegnò all’Occidente molto della cultura antica che esso aveva perduto; in Sicilia e in Spagna lasciò caratteri importanti e nella cultura europea, tra le altre cose, in specie nella letteratura del Settecento – e ancor oggi - Il fiore delle mille e una notte occupa un posto particolare.

Nel corso del Novecento il contrasto si è nuovamente acuito: da un lato l’Occidente ricco e industrializzato, con il cuneo rappresentato dallo Stato d’Israele imposto dall’Occidente per rimediare ai suoi propri errori ed orrori ma rimasto isolato in un mondo islamico generalmentemolto più povero e arretrato tecnologicamente. Fino a ieri questo Islam era visto principalmente come possibile preda di movimenti integralisti, divenuti nemici dichiarato. Per questo l’Occidente si è mostrato amico di tiranni al potere da trenta a quarant’anni, che però avrebbero garantito l’accesso alle risorse energetiche, i beni primari che questi popoli possiedono, e la protezione dall’integralismo.

Invece dal Nord Africa è arrivato qualcosa d’inatteso, perché quando si pensa troppo ai propri interessi la vista s’accorcia e non si sa più prevedere il futuro. Nessuno in Europa s’aspettava un vento profumato di gelsomino, una richiesta di libertà e di democrazia che sta facendo crollare i tiranni, movimenti di giovani istruiti e proprio nel campo delle telecomunicazioni in cui essi sì hanno visto un futuro dove le spaccature plurisecolari possano infine ricomporsi.

Il baricentro dell’Europa si era spostato verso nord e solo chi guardava da più lontano, come gli americani, non ha mai sottovalutato l’importanza del Mediterraneo che oggi ha l’opportunità di tornare ad essere il mare di tutti.
I flussi migratori sono parte fondamentale della storia e dall’Islam ve ne sono già stati d’importanti specie in altri paesi che non il nostro. Ma oggi essi sono, qualitativamente e politicamente, diversi. Sarebbe veramente miope e retrivo pensare sempre al proprio orticello quando è la Storia che si muove e bussa alla porta.

domenica 1 maggio 2011

Il Primo Maggio e la Costituzione

Mentre inizio a scrivere questo post dalla televisione accesa mi arriva la musica di Piazza San Giovanni a Roma ed è non solo rock: anche Verdi! Perché la musica unisce e, come aveva intuito Pavarotti nei suoi festival, non conosce barriere, generi o specie.

E da piazza San Giovanni ho colto il quesito: perché secondo il primo articolo della nostra costituzione la repubblica italiana è fondata sul lavoro?
Nella democrazia antica, per antonomasia quella di Atene, esisteva accanto all’uomo libero la schiavitù: nella completa separazione tra lavoro intellettuale e manuale, quest’ultimo era scaricato sugli schiavi.
Anche nel medioevo i servi della gleba non erano uomini liberi: il loro lavoro servile era dovuto in cambio della protezione del signore del feudo.
Nell'era delle rivoluzioni industriali con le lotte dei lavoratori, celebrate in questa festa del Primo Maggio, si sono ottenute legislazioni del lavoro via via più perfezionate nel fine d'allontanare sempre più dal lavoro ogni residuo di servitù e sfruttamento.

Oggi che per noi tutti gli uomini nascono liberi non può che conseguirne, rispetto ai tempi passati, che il lavoro acquisti significato opposto: diviene lo strumento dell’uomo libero, delle pari opportunità in una società che rinuncia perciò a qualsiasi forma di schiavitù e servaggio. Ecco perché una società veramente libera e democratica non può che essere fondata sul lavoro.

Sta poi dentro la democrazia delle regole lo stabilire la giuste regole e vigilare perché nuovamente il lavoro non si trasformi in nuove forme di servitù.
A noi stessi di non trovarci ad essere schiavi del nostro lavoro.

Etichette