venerdì 4 luglio 2008

L'antica Sabate

L’antica Sabate
Attraversarono la via Cassia e raggiunsero per una strada moderna l’abitato di Trevignano Romano. Un’altra via, più interna, era stata la strada etrusca che collegava quella che dovette essere l’antica Sabate a Falerii e a Veio. La necropoli di Trevignano fu scoperta negli anni Sessanta. Nel piano terra del Palazzo Comunale un piccolo ma ben sistemato museo ne espone i reperti.
Entrarono insieme ad un’altra coppia molto più anziana. L’operatrice museale, con una mantellina rosa all’uncinetto appuntata e una collana di perline colorate, si fece loro incontro. Cristina e Daniele non trovarono in alcun altro luogo una così cordiale e volenterosa accoglienza.
La storia della necropoli trevignanese riproduce in piccolo quella dei più grandi ed importanti centri dell’Etruria meridionale. Alcuni ritrovamenti risalgono all’ottavo secolo, e sono sepolture ad incinerazione, in vasi biconici: tipiche sepolture villanoviane. Gli archeologi riferiscono che la cultura dei villanoviani si caratterizzò, dal IX all’VIII secolo, per un concentrarsi in villaggi di capanne e per seppellire i loro morti col metodo dell’incinerazione. Si parla certamente di Etruschi a partire dalla fine dell’ottavo secolo, circa il 730, quando in generale si passò dalla sepoltura ad incinerazione all’inumazione in grandi tombe a camera e i villaggi cominciarono a diventare delle città, ma i luoghi dove avvennero questi cambiamenti furono esattamente gli stessi. Non ci fu salto, discontinuità. Insomma intorno alla fine dell’ottavo secolo i villanoviani diventarono gli etruschi. E nel costruire le loro tombe simili alle loro case, con un dromos, due stanze ai lati e in fondo una camera singola, le decorarono e le arredarono di oggetti di prestigio, ceramiche, bronzi ed ori che per il tipo di decorazione si riconobbero essere dello stile orientalizzante, una moda internazionale proveniente dall’oriente del Mediterraneo: palmette e fiori di loto, animali fantastici, grifi, sfingi e chimere, dal contorno sinuoso. Ragion per cui il periodo più antico della storia etrusca fu detto orientalizzante. Erano gli etruschi essi stessi venuti dall’oriente e sovrappostisi ai villanoviani che qui avevano trovato? Oppure, furono le nascenti colonie greche, a cominciare da Ischia, a far conoscere i modi dell’oriente ai villanoviani, che se ne impossessarono tenacemente come nessun altro popolo dell’occidente mediterraneo? E i villanoviani non avevano raccolto già precedenti migrazioni nordiche? L’elmo puntuto e con i lati membranati che fa da coperchio ai cinerari villanoviani è così diverso dal rotondo elmo etrusco! E’ questa, riguardante le origini, solo una parte degli enigmi che gli etruschi ci hanno lasciato di sé.
Due tombe principesche del periodo orientalizzante riempiono con i loro corredi, tra cui due carri - o meglio le parti in ferro e in bronzo rimaste – un flabello - oggetto in bronzo, derivabile da un ventaglio originale di piume e tenuto in segno di prestigio intorno alla persona del principe - e dei cilindri di bronzo per contenere rotoli di scrittura, le sale del museo. Due coppie di anforone - come in coppie furono trovate le anfore attiche della “tomba dei vasi” nella necropoli di Cerveteri - buccheri, un calderone ornato con teste di cane, oggetti in bronzo e piccoli oggetti in oro tra cui fibbie e spille minute. Lungo una parete riposa nella sua urna di cristallo un guerriero etrusco, ritrovato in una tomba a fossa e qui posto a giacere col suo pane di terra. Ha lo scudo sopra i piedi, la spada e il pugnale, e una grande quantità di spille di bronzo che guarnivano le sue vesti perdute.
Su alcuni tavolini stanno pure esposti disegni dei bambini delle scuole e le loro imitazioni dei buccheri fatte con la plastilina. L'operatrice museale intrattenendosi con le due coppie di visitatori, che avevano notato i lavori dei bambini, raccontò loro dell'arguzia dei piccoli, che si erano presentatisi al museo con un vecchio ferro, sostenendo che potesse essere una tromba etrusca. L'analisi del pezzo aveva poi condotto alla conclusione che doveva più banalmente trattarsi di una vecchia ruota ruzza. I ragazzi non si erano forse neanche resi conto che l'attività didattica del museo li aveva resi capaci di fare uno scherzo erudito.
Paolo e Silvana, la coppia con cui avevano visitato il museo, si fermarono all’uscita con Cristina e Daniele. La visita li aveva soddisfatti, dissero. C’erano in quel punto due blocchi di marmo bianco di Carrara proveniente da Luni, di epoca romana. Paolo notò il bel motivo di spirali di pampini d’uva su uno di essi e ammiccò:
- Questo è romano eh?
E così Cristina avvertì in un sol attimo come le basi greco romane della nostra cultura, gli occhiali invisibili che portiamo, ostacolassero la nostra fruizione del mondo etrusco proprio nella sua originalità, e lo facevano perdente nel confronto. Eppure...Cristina seguì con lo sguardo la coppia che si allontanava: lui aveva affettuosamente cinto con il braccio la spalla di lei e lei gli stava porgendo qualcosa.
Avevano chiesto del luogo della città etrusca di cui non rimaneva alcuna traccia, e anche in questo la storia di Sabate era simile a quella di altre, più importanti, città dell’Etruria meridionale. Guadagnarono la salita alle spalle dell’odierno abitato, che portava al pianoro ipotizzato come luogo della civita etrusca: quando scesero dalla macchina e si guardarono intorno pensarono che non poteva che essere quello il luogo, per il fosso e il dirupo sui due lati, per l’orientamento da nord a sud. Infine, lo decretarono emotivamente perché la vista del lago e dei ruderi della Rocca degli Orsini, che avrebbe potuto essere l’arx della città, era maestoso e nello stesso tempo incantevole, e l’occhio poteva dominare il paesaggio fino alle alture più lontane.

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