giovedì 19 luglio 2012

Vent'anni da via d'Amelio

Oggi ricorre l’anniversario della strage di via d’Amelio, accaduta il 19 luglio di giusto vent’anni fa’ nel 1992.
Con il magistrato Paolo Borsellino morirono i cinque della sua scorta, quattro uomini e una donna, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Valter Cosina, Vincenzo Fabio Li Muli e Claudio Traina.
Com’era accaduto in via Fani, quattordici anni prima, nel sequestro di Aldo Moro, dove furono uccisi i cinque uomini della scorta e il presidente della democrazia cristiana cinquantacinque giorni dopo.  Le brigate rosse, che rivendicarono il sequestro, proposero uno scambio di prigionieri, ci fu tra i politici chi tentò la strada della trattiva, ed era in gioco la vita di un uomo, ma si disse che lo Stato non poteva trattare con criminali e terroristi e la trattativa resa pubblica si arrestò.

Dopo i precedenti quattro processi con condanne all’ergastolo, le indagini sulla strage di via d’Amelio sono state riaperte dalla procura di Caltanisetta nel 2008. I quattro processi precedenti erano stati i seguenti: Borsellino I, bis e ter, con sentenza di Cassazione nel 2003, e processo per le stragi di Capaci e via d’Amelio, dovuto alla riunione nel 2003 dello stralcio del Borsellino ter con una parte del procedimento per la strage di Capaci, quest’ultimo con sentenza di Cassazione del 2008. Essi erano stati basati sulle dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino.

Nel 2008 si è fatto avanti Gaspare Spatuzza che ha dato la sua versione dei fatti di via d’Amelio,  smentendo Scarantino. E’ partita perciò una nuova inchiesta, alle dichiarazioni di Spatuzza si sono aggiunte quelle di Fabio Tranchina e nell’Ottobre del 2011 la procura di Caltanisetta ha chiesto e ottenuto dalla corte d’appello di Catania la sospensione della pena per otto condannati nel primo e nel secondo processo Borsellino e a marzo di quest’anno la custodia cautelare per quattro nuovi imputati. Alla base della nuova indagine ci sono da dimostrare da parte dei magistrati, da un lato, depistaggi, falsi pentiti e ricostruzioni manipolate nell’indagine precedente e, dall’altro, il movente della strage: l’essere venuto a conoscenza da parte di Borsellino di una trattiva tra Stato e mafia.

Ricordiamo che l'anno seguente le stragi di Capaci e via d'Amelio, il 1993, fu l’anno delle stragi a Firenze, in via dei Gergofili, a Roma, alle chiese di S. Giorgio al Velabro e di S. Giovanni in Laterano, e a Milano, in via Palestro. Di queste stragi fu attribuita la responsabilità alla mafia, come risposta all’applicazione dell’articolo 41bis che prevedeva il carcere duro e l’isolamento per i detenuti mafiosi.

Da ultimo, proprio a ridosso di questo anniversario, ci sono le polemiche che oppongono il Quirinale alla procura di Palermo: l’ex ministro dell’Interno, in carica nel 1992 e fino al 1994, Nicola Mancino, sarebbe indagato  dalla procura di Palermo proprio in merito alla presunta trattativa tra Stato e mafia, e perciò sottoposto ad intercettazione telefonica. Mancino, avendo telefonato al capo dello Stato, l’ha perciò coinvolto nell’intercettazione telefonica.
Da qui le discussioni sulla non intercettabilità del capo dello Stato e su un conflitto di poteri apertosi tra procura di Palermo e Quirinale.

A noi cittadini compete l’intuizione che la verità e la tutela della democrazia non possono essere separate, che non si può aggirare la verità e la sua ricerca. Non c’è nessuna ragion di Stato che possa accampare diritti maggiori della democrazia e della sua ricerca della verità mentre proprio in questo nodo, nelle stragi non risolte, è la sostanza della nostra democrazia limitata. Ci sono persone, come coloro che ricordiamo oggi, che hanno dato la loro vita per questo e a loro lo Stato e i cittadini  devono la verità quale che essa sia. Solo così avremo più democrazia e libertà.


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